20 dicembre 2011

A proposito.

Sto pensando di comprarmi una macchina usata. Mi è sembrato sensato come prima mossa comprare la rivista quattroru0te. Poi in effetti, pensandoci, sono andato anche sul sito della rivista. Nel settore macchine usate c'è un comoda funzione che permette di impostare diversi parametri di ricerca: marca, alimentazione, provincia, prezzo eccetera, altri due o tre parametri. Il parametro prezzo, per le machine usate, e diviso in sei fasce. Da uno a diecimila euri, da diecimila euri a ventimila euri, da ventimila euri a trentamila euri, da trentamila euri a cinquantamila euri, da cinquantamila euri a settantacinquemila euri, da settantacinquemila euri in su. Per carità, ammetto che l'indigenza che mi contraddistingue possa viziare un po' il mio giudizio, ma insomma, a me non pare sensato che ci sia, per le macchine usate, un'unica fascia fino a diecimila euri. Sono l'unico che trova che ci sia una bella differenza tra quattromila e ottomila euri? Sono l'unico che pensa che spendere più di ventimila euri per una macchina usata dovrebbe essere considerato criminale o magari anche patologico?

09 dicembre 2011

Che razza di personalità?

In che modo, per esempio, l'inarrestabile processo di <<complicazione>> di auto e moto ha cambiato il lavoro di coloro che le riparano? Sentiamo spesso parlare della necessità che i lavoratori si aggiornino per rimanere al passo con i progressi tecnologici. Secondo me è più pertinente chiedersi: che razza di personalità deve avere il meccanico del ventunesimo secolo per riuscire a tollerare gli strati di stronzate elettroniche che vengono ammucchiate sopra qualunque motore?

(Da Matthew Crawford, Il lavoro manuale come medicina dell'anima, perché tornare a riparare le cose da sé può renderci felici, Milano, Mondadori, 2010, p.9)

04 dicembre 2011

A latere

Dal sito di Maurizio Pistone che citava una tale Paola Comelli che citava un passo di Le correzioni ai Promessi Sposi e la questione della lingua di Francesco D'Ovidio:
L'Italia non si appropriò se non del fiorentino scritto, e anche di questo fin dove poteva senza sforzo o con sforzi tollerabili. Ciò ebbe i suoi effetti specialmente sulla pronuncia, alcuni vezzi della quale, come il cosiddetto 'c' aspirato di fico o il 'c' e il 'g' sibilante di pace e regina, non significati dalla scrittura, restaron regionali. Avvenne anche di più. Essendosi dai toscani smesso di scriver bascio, camiscia, perché codesto mite suono [sc] non si cambiasse con quello più gagliard [ssc] che è in fascia, mentre invece è pari a quello toscaneggiante di pace, ne derivò che quegli italiani che pronunzian pace con un vero 'c', ossia con quel che i Toscani stessi fan sentire in selce o in faccia, lo estesero anche a bacio e camicia. I quali però, venendo da basium e camisia non si pronuncian con un vero 'c' in nessun dialetto.... La pronunzia insomma che di bacio o fagiuolo si suol fare in gran parte di Italia, se non è conforme al toscano, non segue nemmeno le parlate locali, ed è una creazione tutta letteraria.
(Si notino a latere i quattro puntini in stile manzoniano)